
PAZZI IN CRISTO

INTRODUZIONE
COSA SONO I PAZZI IN CRISTO
La novità del cristianesimo, così
fortemente sottolineata da san Paolo quando parla dello scandalo della croce, è
la rivelazione della pazzia di Dio. Dio
è pazzo, poiché esce dalla sua impassibile trascendenza per mescolarsi alle
nostre gioie, alle nostre pene, alla nostra disperazione. Il tema dell’amore
‘folle’ di Dio affiora dovunque nel Nuovo Testamento. Se la creazione rivela
la sapienza di Dio, l'incarnazione per la nostra salvezza rivela il suo amore
pazzo per noi. Il Crocifisso per amore è il segreto di ogni follia. Il Dio
incarnato discende nella morte per prendere tutti gli uomini nella follia del
suo amore. Con gli occhi bendati, schiaffeggiato, schernito, coperto di sputi,
rivestito di una porpora da beffa, coronato di spine, re per burla, ecce
homo, ecce deus: un pazzo in verità!
Il "pazzo in Cristo"
è l’uomo che risponde con tutto il suo essere alla follia di Dio, che entra
anche lui nella «stoltezza della croce», che diventa pazzo per amore di
Cristo. «Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza
per i pagani» (1 Cor 1, 23). «Ciò che nel mondo è stolto, Dio l’ha
scelto per confondere i sapienti» (1 Cor 1, 27). «Noi siamo stolti a
causa di Cristo» (1 Cor 4, 10). Per questo «insultati, benediciamo;
perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo diventati come la
spazzatura del mondo, il rifIuto di tutti» (1 Cor 4,12-13).
Il pazzo in Cristo s’identifica con
Cristo oltraggiato, crocifisso, eppure risorto: egli vive già nel
Regno e denuncia l'orgoglio, l'odio e la menzogna di ‘questo mondo’. Prende
alla lettera le Beatitudini e il Discorso della montagna, tutta quella
insopportabile follia: la terra donata ai miti, la gioia ai perseguitati e I’offrire
la guancia sinistra quando siamo colpiti sulla destra, in tre parole: amare i
nemici. Il pazzo in Cristo rivela possibile l’impossibilità del
cristianesimo. E' un massimalista cristiano, è uno che sotto l'apparenza di una
finta pazzia vive il Vangelo alla lettera, povero e senza un rifugio. Non
entra nelle le chiese se non per farvi scandalo, vive nei rifiuti della città,
nella sua più compromettente o più pericolosa marginalità, con i cattivi e
le donne di cattiva condotta...il pazzo è il Cristo oltraggiato
e, simultaneamente, il Risorto, libero da ogni compromesso col mondo, e «completa
nella (sua) carne quello che manca ai patimenti di Cristo» (Col 1,24).
Gli antenati dei "pazzi in
Cristo" sono i profeti dell'Antico Testamento, inviati da Dio per riportare
sulla retta via il popolo ebreo "dalla dura cervice". A questo scopo
il profeta è spesso obbligato ad adottare un comportamento eccentrico, strano,
che gli reca più noie che gloria.
Il Profeta Isaia fu costretto a
passeggiare per tre anni nudo e scalzo per servire da segno e presagio ai
prigionieri in Egitto e in Assiria (Is 20, 2-4); Geremia portò un giogo sul
collo come una bestia da soma (Ger 28, 10...); Ezechiele, steso davanti a una
tavoletta d'argilla rappresentante Gerusalemme assediata, doveva mangiare pane
cotto su degli escrementi umani (Ez 4); Osea fu costretto ad unirsi
ripetutamente ad una prostituta e sposarla dandole dei figli per simboleggiare
l'infedeltà d'Israele verso Jahvè (Os 3).
E' in questa scia che vanno collocate tutte quelle
azioni compiute dai Santi, anche nostrani, e che agli occhi del mondo sembrano
strane, ridicole, insensate. E' la pazzia della croce che si oppone alla
sapienza del mondo.
(Olivier Clement nell'introduzione a: Irina
Gorainoff, I Pazzi in Cristo nella tradizione Ortodossa, ed. àncora-Milano)
-
- Il primo pazzo in Cristo
russo si chiamava Isaac. La sua storia ci è narrata dal
celebre scrittore di cronache, Nestore, monaco come lui alla fine del secolo
XI nel Monastero delle Grotte, a Kiev.
-
- Ricco mercante, Isaac si era liberato dei suoi
beni terreni e si era messo alla rude scuola dell’eremita Antonio, che
aveva preso lezioni d’ascetismo al Monte Athos e viveva in una caverna
vicino a Kiev. Come residenza Antonio assegnò al suo discepolo una grotta
larga quattro cubiti e come cibo gli passava ogni due giorni, attraverso
una stretta apertura, una pagnotta e un po’ d’acqua.
-
- Isaac era vestito di una pelle di capro, da poco
scuoiato, che aveva incollato al suo cilicio e lasciato seccare sulla nuda
pelle. Tutte le sere e a notte tarda cantava dei salmi e faceva
prostrazioni finché, vinto dalla fatica, si permetteva di sedersi per
dormire, poiché non si coricava mai. Questo genere di vita durò sette
anni.
-
- Una notte, mentre si riposava in questo modo e
spentasi ormai la candela, una luce brillante illuminò la grotta e due
giovani entrarono, con volti risplendenti come soli. «Isaac» dissero «noi
siamo angeli e veniamo ad annunciarti la visita di Cristo. Eccolo che
viene».
- Senza riflettere un secondo, senza neppure fare il
segno della croce, il disgraziato si prosternò davanti all’apparizione.
Un clamore infernale salutò il suo gesto. Isaac si vide circondato da una
sarabanda di diavoli. «Tu sei nostro!» urlavano. «Tu hai salutato il
nostro capo». E per tutta la notte lo fecero danzare con loro.
-
- Quando, all’alba, dopo aver pronunziato la
preghiera d’uso, Antonio batté alla porta non ebbe nessuna risposta.
Isaac era morto? Mandò ad avvertire il superiore che era allora il grande
Teodosio. La porta fu forzata e si trovò Isaac steso per terra,
inanimato. «E' opera del demonio», disse Teodosio. Isaac non era morto,
ma era divenuto sordo e muto, incapace, come un piccolo bambino, di
provvedere ai suoi più elementari bisogni.
-
- Teodosio lo fece trasportare nella propria cella,
lo curò e per due anni lo lavò, lo nutrì, gli insegnò a parlare e a
camminare. Poi lo condusse, sebbene recalcitrante, in chiesa, di cui
esitava a varcare la soglia. Il terzo anno lo condusse in refettorio, ma
Isaac rifiutava di mangiare se prima un monaco non gli metteva un pezzo di
pane in mano. Teodosio disse: «Bisogna che impari a mangiare da solo».
Smisero di nutrirlo e, a poco a poco, «guardando gli altri», imparò.
-
- Guarito, Isaac non volle più vivere sotto terra e
scelse di lavorare nella cucina. Veniva considerato un debole di spirito.
Imbacuccato in una pelle di capro ricoperta di stracci, le gambe infilate
nei cenci, arrivava sempre primo al mattutino e restava immobile, anche se
d’inverno i suoi piedi nudi gelavano sul pavimento. Terminata la
salmodia, correva in cucina ad accendere il fuoco e a portare l’acqua. I
monaci lo prendevano in giro. «Guarda, Isaac» gli disse un giorno il
cuciniere «un corvo passeggia nel cortile: prendilo». In segno
d’obbedienza, Isaac salutò il cuciniere prostrandosi fino a terra, uscì
e portò il corvo. I monaci si guardarono stupiti e il disprezzo verso
Isaac si tramutò in rispetto.
-
- Allora, per non esser preso per santo, cominciò a
fare l’idiota. Talvolta stuzzicava lo stesso superiore, talvolta, con
una buona dose d’umorismo, andava in città a cercare fanciulli e con
loro grande gioia li faceva recitare in piccole commedie in cui si
parodiavano i difetti dei religiosi, i quali apprezzavano ben poco tale
genere di spettacolo: Isaac si faceva bastonare sia dal superiore, sia dai
monaci, sia dai suoi parenti.
-
- Dopo la morte di Antonio, Isaac ridiscese sotto
terra, installandosi nella grotta, divenuta libera, del grande asceta. I
demoni si precipitarono a tormentarlo. Ma questa volta «non li temeva più
delle mosche». Verso la fine della vita il suo dominio su di loro era
completo. «Mi avete ingannato una volta», diceva loro, «perché non
conoscevo ancora le vostre malizie; ma adesso ho con me nostro Signore Gesù
Cristo e la preghiera del mio padre Teodosio». I demoni potevano bene
invadere la grotta sotto forma di animali selvaggi e di rettili
ripugnanti, armarsi di badili e zappe, minacciando di seppellire vivo il
recluso, ma questo non serviva a niente. «Tu ci hai vinto, Isaac»
dissero prima di scomparire definitivamente dopo tre anni di lotta.
SERAPIONE
Serapione, chiamato il ‘Sindonita’
perché il suo unico indumento era una ‘sindone’, cioè una camicia di lino,
è il primo a indossare la livrea della pazzia in Cristo: la nudità.
Monaco, nella sua gioventù imparò a
memoria le Sacre Scritture. Ma preferendo alla sicurezza di una cella monastica
la fame, la sete, I’insicurezza delle grandi strade, scelse la vita errante e
vagabonda.
Seduto un giorno sul bordo della
strada, vide un mendicante che tremava dal freddo e gli diede la sua ‘sindone’.
«Chi ti ha svestito così?» chiese un passante. «E' lui» rispose Serapione,
indicando il Vangelo che aveva tra le mani.
A Roma intese parlare di una vergine
che da vent’anni viveva da reclusa senza ricevere né parlare a nessuno.
Riuscì a vederla. «Cosa fai» - chiese «seduta lì tutta sola?». «Io non
sono seduta» - rispose «io sono in cammino». «In cammino verso chi?». «In
cammino verso Dio». «Sei morta o viva?». «Spero di essere morta al mondo e
viva in Dio». «In questo caso» disse Serapione «scendi in strada e vieni a
passeggio». Ella protestò. Ma il ‘pazzo’ le fece capire che dicendosi
morta al mondo doveva dimostrarlo. Ella si arrese ai suoi argomenti. Arrivati
accanto a una chiesa, Serapione disse: «E ora, se vuoi convincermi che sei
morta al mondo, spogliati nuda come faccio io e seguimi». Scandalizzata, la
vergine rifiutò. «La gente penserà che io sono pazza». «E allora? Se sei
morta al mondo, ti riguarda quel che gli altri pensano?». Ella rifiutò.
«Vedi, sorella - disse Serapione, - fa’ attenzione a non gloriarti della tua
santità e di proclamare che tu sei morta al mondo. Io sono forse più morto di
te e lo provo passeggiando nudo senza vergogna».
Di tutti i pazzi in Cristo si dice che
sono nudi, senza rifugio, sofferenti per il caldo e il freddo, la sete e la
fame. Nudo, il pazzo in Cristo non risveglia la concupiscenza: è l’uomo come
Dio l’ha fatto.
Tutta la vita di Serapione trascorse
nel soccorrere il prossimo. Si vendette come schiavo a degli attori ambulanti
che convertì e a un manicheo che ricondusse alla fede cattolica. Per impedire
loro di vendere il corpo, dava denaro alle prostitute.
SIMEONE
- Simeone aveva circa sessant’anni quando si fece
buffone e pagliaccio per amor di Dio. I primi trent’anni della sua vita
li aveva passati presso i suoi genitori «nobili e ricchi». Si era
ritirato poi nel deserto, dove, presso il mar Morto, durante un’altra
trentina d’anni, si era dedicato, in compagnia del suo amico diacono
Giovanni, ai rigori di una esistenza severamente ascetica. Ma, per
Simeone, il soggiorno nel deserto era stato soltanto una preparazione a un
ministero di carità. «Non ci è utile, fratello, restare qui» e si
volge verso il mondo.
-
- Simeone comincia a giocare la commedia, fare delle
farse, essere strano fino a diventare colui che, come il clown nel circo,
«riceve gli schiaffi».
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- Il suo ingresso a Emesa, oggi Homs in Siria,
vicino ad Antiochia, fu trionfale. Il beato trovò su un letamio fuori
città un cane morto. Si tolse la cintura, attaccò il cane per le zampe e
lo trascinò così all’interno della città. Dei ragazzacci lo videro e
si misero a gridare: «Un monaco pazzo! Un monaco pazzo!». E cominciarono
a gettargli pietre e a colpirlo coi bastoni. L’incidente ricorda quello
del profeta Eliseo che, andando a Bethel, incontrò una banda di ragazzi
che lo seguirono gridando: «Vieni su, pelato!». Si voltò indietro e li
maledisse. Due orsi uscirono dal bosco e ne uccisero una quarantina.
Simeone non maledice nessuno. Al contrario. Con la sua condotta sembra
incoraggiare quelli che lo colpiscono e lo urtano. Talvolta zoppicava,
strisciava per terra e prendeva per i piedi i passanti, o battendo per
terra coi piedi affermarva di essere posseduto dal demonio, facendo molte
cose spiacevoli e comportandosi come un alienato, affinché nessuno
potesse crederlo santo».
-
- Frequentava le taverne, passeggiava nudo, senza
vergogna, al mercato, mangiando salame il Venerdì Santo.
-
- Durante la liturgia eucaristica, in chiesa,
bombardava le donne con nocciole ed entrava nei bagni loro riservati, come
per inavvertenza. «Come ti sei sentito là dentro?» chiedeva il diacono
Giovanni. «Come un albero tra gli alberi. Non avvertivo il mio corpo. Il
mio spirito era occupato da Dio».
-
- Una visita misteriosa che fece a una prostituta
diede luogo ai peggiori sospetti prima che si sapesse, dalla bocca della
stessa interessata, che il santo vecchio, scoprendo che era rimasta tre
giorni senza cibo, le aveva portato di nascosto, pane, vino e carne.
-
- Quanti uomini, con la sua finta pazzia, ha
convinto dei loro peccati non confessati: alcuni di impurità, altri di
furto, altri ancora di falsa testimonianza. Alcuni li prendeva in
disparte, altri pubblicamente, rivolgendosi a loro in parabole, per
svegliare la loro coscienza.
-
- Simeone era un pazzo in Cristo completo. Ora
attore stuzzicante che adescava il suo pubblico, ora veggente, ora
profeta. Nel 588 Simeone predisse il terribile sisma che scosse le città
di Beyrut, Biblos e Tripoli. Munito di una frusta, passeggiava tra le
colonne degli edifici dicendo ad alcune: «Resistete. Dio ve l’ordina»,
ad altre invece: «Non cadete, pur senza restare dritte». Le prime
resistettero al terremoto, le altre, sebbene lese, non crollarono, mentre
il resto sprofondò.
-
- Il pazzo aveva a Emesa una bicocca ricoperta di
giunchi nella quale passava le sue notti in preghiera. Solo davanti a Dio,
Simeone non era più un vecchio clown ridicolo, ma un bambino che sulla
terra aveva soltanto il diacono Giovanni per confidente.
-
- Alcuni giorni prima della sua morte, gli confidò:
«Ho visto qualcuno di glorioso che mi diceva: ‘Vieni, pazzo, vieni a
ricevere non una sola corona, ma parecchie, per aver salvato molte anime
umane’». Dopo di che non lasciò più la sua capanna. Inquieti, i suoi
amici mendicanti andarono a vedere se non fosse malato. Lo trovarono
morto, steso sotto un tetto di giunchi. Due di loro presero il suo corpo
per portarlo «senza canti, né ceri, né incenso» nel luogo dove si
seppelliscono i vagabondi. Due giorni dopo, il diacono Giovanni arrivò e
pianse amaramente. Andò al cimitero per seppellire il suo amico «in un
luogo conveniente», ma aprendo il sarcofago lo trovò vuoto. Gli angeli,
pensò, avevano preso i resti di Simeone. Quanto agli abitanti di Emesa,
compresero che il "pazzo" non era stato un pazzo, ma un grande
santo.
-
- Simeone morì il 21 luglio del 590. Aveva circa
settant’anni.
ISIDORA
- In Egitto, il monastero di Menn fondato dalla
sorella del grande Pacomio, conteneva 400 monache e tra esse se ne trovava
una copta, Isidora, di cui si racconta la storia.
-
- Si riteneva Isidora una sempliciona e perciò le
venivano dati i lavori più duri e le incombenze più ributtanti. A piedi
nudi, con un vecchio straccio sulla testa, subiva senza lamentarsi gli
scherni, le ingiurie e i colpi con cui la gratificavano le sue compagne.
Non mangiava mai in refettorio ma si accontentava delle briciole raccolte
dopo i pasti e dei fondi di casseruole recuperati in cucina. Cosa strana,
più la maltrattavano e più sembrava felice.
-
- Dio solo conosceva la purezza del suo cuore e la
rivelò all’eremita Pitirim, discepolo di Pacomio, un giorno in cui era
tentato da pensieri orgogliosi. «Che fai lì, perduto in sogni di
grandezza?» gli disse un angelo che gli era apparso. «Va’ piuttosto a
Menn e chiedi di vedere tutte le religiose del monastero. Una di loro, con
uno straccio sulla testa, è più virtuosa di te».
-
- Onorate per la visita del celebre eremita, le
religiose si riunirono, ma nessuna aveva il copricapo descritto
dall’angelo. «Siete qui tutte?», chiese Pitirim. «Sì, manca soltanto
la pazza, Isidora, rimasta in cucina». Su richiesta del visitatore, si
andò a cercarla. Non appena ella apparve, recalcitrante, trascinata da
due suore, Pitirim si prosternò davanti a lei. «Benedicimi, Madre» -
esclamò.
-
- La superiora della comunità volle interporsi:
«Che fai? Non hai vergogna? E' una pazza!». «Siete voi le stolte»
replicò l’uomo di Dio che al posto dello straccio vedeva una corona
brillare sopra la testa di Isidora. «Ella è migliore di voi tutte,
migliore di me, e io chiedo al Signore di trovarmi al suo livello nel
giorno del Giudizio».
-
- All’udire queste parole, le suore circondarono
la «pazza» per chiederle perdono. Una piangendo riconosceva di aver
preso in giro il suo aspetto contrito; un’altra confessava di aver
rovesciato su di lei dei secchi di spazzatura; una terza si ricordava di
averle dato dei pugni e di aver riempito il suo naso di senape. Perdonate,
pregarono tutte insieme e il padre Pitirim ritornò al suo eremitaggio.
-
- Quanto a Isidora, rifiutato per umiltà il posto
d’onore che ormai le riservavano, scomparve dal monastero e nessuno
seppe mai dove passò il resto dei suoi giorni, né come morì.
NICOLA e TEODORO
(Novgorod - XIV sec.)
Vivevano a Novgorod. Nicola
proveniva da una famiglia nobile e abitava sulla riva aristocratica del
fiume Volchov, mentre il suo compagno Teodoro si aggirava tra le numerose
chiese sulla riva commerciale.
I due uomini, con una specie di
gioco che facevano tra di loro, cercavano di riconciliare gli abitanti delle
due rive opposte, dilaniati da discordie e odio. Quando capitava loro
d’incontrarsi sul ponte che collegava le due rive del fiume, i beati
mimavano un incontro di pugilato e finivano per gettarsi in acqua
reciprocamente, dopo di che ciascuno rientrava dalla sua parte, camminando
sull’acqua. Queste finte battaglie erano destinate a parodiare i veri
combattimenti, talvolta mortali, che i cittadini di Novgorod facevano tra
loro per pretesti spesso futili, e che talvolta acquistavano proporzioni
tali che l’arcivescovo in persona era obbligato ad andare sul ponte per
ristabilire l’ordine brandendo la croce.
Teodoro un giorno fu invitato da
Nicola sulla riva «nobile». Prendendo a pretesto la collera probabile di
Nicola, dapprima rifiutò ma poi accettò. Appena superato il ponte, eccolo
inseguito da Nicola che gli corre dietro gridando: «Ritorna dalla tua
parte, jurodivy (pazzo in Cristo)!». Teodoro scappa.
Nicola lo insegue. La gente guarda e si diverte. Eccoli sulla riva del
fiume: Teodoro continua la sua corsa camminando sull’acqua. Nicola coglie
una grossa testa di cavolo nelI’orto dove si trova e, armato di questo
proiettile, si slancia anche lui, a piedi asciutti, sul fiume. Arrivato a
metà, vedendo che non riesce a raggiungere il suo ‘nemico’, gli getta
sul dorso la testa di cavolo, meritando così il soprannome di
Nicola-Testa-di-Cavolo, che lo seguirà fino alla sua canonizzazione da
parte della Chiesa.
L’incidente è attestato da una
iscrizione incisa sulla tomba di Teodoro: «Inseguito da san Nicola dalla
riva di Santa Sofia alla riva commerciale, attraversò il fiume a piedi
asciutti».
Quanto a Nicola, molto popolare per
la sua bontà e la sua sollecitudine verso i poveri che visitava a domicilio
e indirizzava sulla via della salvezza, come pure per i suoi numerosi
miracoli, non fu mai dimenticato dai Novgorodiani. Centocinquant’anni dopo
la sua morte, un arcivescovo che venerava la sua memoria fece costruire
sopra la sua tomba una chiesa che il popolo immediatamente chiamò: chiesa
di Nicola-Testa-di-Cavolo.
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- (Mosca - XVI sec.)
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- A Mosca furono numerosi i Pazzi in Cristo.
Uno dei più amati fu san Basilio, soprannominato il "Camminatore
Nudo", e di cui si può a tutt'oggi ammirare la Basilica sulla
Piazza Rossa.
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- Amico dello Zar Ivan, nacque in un sobborgo di
Mosca da genitori «poveri, onesti e pii». Fin dalla prima infanzia,
diede segni, di una marcata predilezione per la dirittura, rifiutando di
succhiare il seno sinistro della madre e accettando solo il destro.
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- Suo padre lo mise apprendista da un calzolaio
dove rimase fino al giorno in cui un cliente venne a ordinare un paio di
stivali che voleva particolarmente solidi. Il giovane apprendista
sorrise. Uscito il cliente, il calzolaio, sorpreso, chiese il motivo di
quel sorriso. «Ho sorriso perché quest’uomo che vuole gli stivali
solidi non ne approfitterà affatto. Domani, a quest’ora, sarà
morto». E infatti morì.
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- Lasciato il calzolaio, si mise a correre,
svestito, per le strade di Mosca. Una icona lo presenta così, tutto
nudo, e un Kontakion, cantato in chiesa nel giorno della sua
festa, lo loda «per aver respinto le vesti periture ed essersi
rivestito della tunica dell’immortalità».
- Basilio aveva pietà di questo mondo di
ciarlatani, mendicanti e disgraziati di ogni genere tra cui passava
intere giornate al mercato e nelle strade.
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- Un giorno, in una taverna il cui padrone aveva
l’abitudine di giurare e d’invocare il diavolo, vide entrare un uomo
che si reggeva a stento sulle gambe e che chiedeva all’oste,
allungando il denaro, di dargli del vino al più presto. L’oste,
servendolo, gli lancia invettive e lo manda al diavolo per la sua
premura. Ciò udendo I’ubriaco, prima di portare il recipiente alle
labbra, fa devotamente il segno di croce. Basilio, vicino alla porta,
scoppia in un riso felice. «Perché?» gli chiedono. E Basilio:
«Quando l’oste ha nominato il diavolo, questi è entrato nel
bicchiere e quando, prima di bere, I’ubriaco ha fatto il segno di
croce, il Maligno si è precipitato fuori dalla coppa e dall’osteria.
Perciò ho riso, felice di vedere il diavolo vinto dalla Croce di Nostro
Signore».
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- Nel 1521 si teme una nuova invasione mongola.
Basilio, in lacrime, prega tutta la notte davanti alla porta della
basilica dedicata alla Dormizione della Vergine. All’interno,
si fa sentire un rumore assordante; fiamme appaiono alle finestre;
l’icona della Madonna di Vladimir, veneratissima, si sposta e una voce
annuncia che in compagnia dei santi si prepara a lasciare la città
peccatrice. La notizia della visione si diffonde. Si aspetta con terrore
l’avvicinarsi del nemico. Già i dintorni di Mosca sono in fiamme. Ed
ecco che improvvisamente i Tartari fuggono: avrebbero visto sorgere
davanti a loro una armata immensa pronta a difendere la città.
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- Basilio sa camminare sull’acqua. Una nave
persiana è in difficoltà nel Mar Caspio. Ogni speranza sembra perduta,
quando un russo cristiano esclama: «Noi abbiamo a Mosca un uomo di nome
Basilio che cammina sull’acqua; i flutti gli sono sottomessi e la sua
preghiera è possente davanti a Dio. Invochiamolo». Appena ha
pronunciato queste parole, appare un uomo nudo che afferra il timone e
conduce la nave in salvo. Trovandosi poi a Mosca per affari, gli stessi
mercanti riconobbero il loro salvatore in un uomo nudo che incontrarono
per strada: era Basilio.
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- Un giorno Basilio fa andare in collera lo Zar
gettando via per tre volte la coppa di vino da lui offertagli. «Non
t’inquietare», disse, «un grande incendio è scoppiato a Novgorod e
io cerco di spegnerlo». Incuriosito, lo Zar manda emissari a verificare
i fatti. Essi scoprono che, effettivamente, un grande incendio
minacciava la città quando, secondo ciò che dicevano gli abitanti, si
vide, e contemporaneamente in tutti i quartieri, un uomo nudo munito di
annaffiatoio a spegnere le fiamme.
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- Ormai sul letto di morte, ecco che gli angeli
vengono a cercare il Camminatore nudo. Mentre una gioia sovrumana
si diffonde sul suo volto. Basilio lascia questa terra.
- Tutta Mosca partecipa al funerale. Sulla sua
tomba s'innalzò una chiesa. Tutta di diversi colori e a spirali, questa
fantastica chiesa che adorna la Piazza Rossa è sempre stata chiamata, e
lo è tutt’ora, chiesa di san Basilio, jurodivy, pazzo in Cristo, morto
a Mosca nel 1552, all’età di ottantotto anni.
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