ADOLFO TANQUEREY
Compendio di Teologia Ascetica e Mistica

PARTE SECONDA
Le Tre Vie

LIBRO III
La via unitiva


CAPITOLO III.

Fenomeni mistici straordinari.

1489.   Descrivendo la contemplazione, lasciammo da parte i fenomeni straordinari che spesso, a partire dall'unione estatica, l'accompagnano: visioni, rilevazioni, ecc. E poichè il demonio scimmiotta le opere divine, avvengono talora nei mistici veri e nei falsi anche fenomeni diabolici. Parleremo quindi prima dei fenomeni divini e poi dei fenomeni diabolici.

ARTICOLO I. FENOMENI MISTICI STRAORDINARI DIVINI 1490-1.

Doppia è la specie dei fenomeni di questo genere: quelli di ordine intellettuale e quelle di ordine psicofisiologico.

§ I. Fenomeni divini intellettuali.

Questi fenomeni si riducono a due principali: le rivelazioni private e le grazie gratisdate.

I. Rivelazioni private.

Ne esporremo:

NATURA DELLE RIVELAZIONI PRIVATE.

1490.   A) Differenza tra le rivelazioni private e le pubbliche. La rivelazione divina in generale è la manifestazione soprannaturale fatta da Dio di una verità nascosta. Quando questa manifestazione si fa per il bene di tutta la Chiesa si ha la rivelazione pubblica; quando si fa per l'utilità particolare di coloro che ne son favoriti, si ha la rivelazione privata. Di questa sola parliamo.

Ci furono sempre, in tutti i tempi, rivelazioni private, come se ne ha esempi nella Scrittura e nei processi di canonizzazione. Tali rivelazioni non entrano nell'oggetto della fede cattolica, che abbraccia unicamente il deposito contenuto nella Scrittura e nella Tradizione, affidato all'interpretazione della Chiesa. Non vincoliamo quindi la fede di tutti i fedeli; e quando la Chiesa le approva, non ci obbliga a crederle, ma solo permette, come dice Benedetto XIV, che siano pubblicate ad istruzione ed edificazione dei fedeli; onde l'assenso che vi si deve prestare non è atto di fede cattolica, ma atto di fede umana fondato sull'essere queste rivelazioni probabili e pienamente credibili 1490-2. -- Le rivelazioni private non si possono pubblicare senza l'approvazione dell'autorità ecclesiastica 1490-3.

Parecchi teologi però opinano che le persone a cui sono fatte coteste rivelazioni, e quelle a cui Dio fa annunziare questi voleri, possono farne materia di atto di vera fede, purchè abbiano prove certe della loro autenticità.

1491.   B) Come avvengono le rivelazioni. Avvengono in tre modi diversi: con visioni, con locuzioni soprannaturali, con tocchi divini.

a) Le visioni sono percezioni soprannaturali di oggetti naturalmente invisibili all'uomo. Non sono rivelazioni se non quando svelano verità nascoste. Sono di tre specie: sensibili, immaginarie o puramente intellettuali.

1) Le visioni sensibili o corporali od oculari, che si dicono anche apparizioni, sono quelle in cui i sensi percepiscono una cosa reale naturalmente invisibile all'uomo. Non è necessario che la cosa percepita sia un corpo in carne ed ossa, basta che sua una forma sensibile o luminosa.

Così è cosa comunemente ammessa con S. Tommaso che Nostro Signore, dopo l'Ascensione, non apparve personalmente se non rarissime volte; onde le sue apparizioni sono ordinariamente in una forma sensibile che non è il suo vero corpo. Quando appare nell'Eucaristia, dice S. Tommaso, la cosa si spiega in due modi: o con un'impressione miracolosa sull'organo visivo (come avviene, per esempio, quando contemporaneamente a uno appare in un modo e a un altro in un altro); oppure con la formazione nell'aria circostante di una forma sensibile e reale ma diversa dal corpo di Nostro Signore; perchè, aggiunge, il corpo del Salvatore non può essere visto nella propria forma che in un luogo solo: "Corpus Christi non potest in propria specie videri nisi in uno loco, in quo definitive continetur1491-1.

Ciò che si dice di Nostro Signore vale pure per la SS. Vergine; quindi, quando apparve a Lourdes, il suo corpo stava in cielo e nel luogo dell'apparizione c'era soltanto una forma sensibile che la rappresentava. Il che spiega come ora appaia in una forma e ora in un'altra.

1492.   2) Le visioni immaginarie o immaginative sono quelle prodotte da Dio o dagli angeli nell'immaginazione sia nella veglia sia nel sonno. Così un Angelo appare parecchie volte a S. Giuseppe durante il sonno, e S. Teresa racconta parecchie visioni immaginative dell'umanità di Nostro Signore avute da lei nello stato di veglia 1492-1; tali visioni sono spesso accompagnate da una visione intellettuale che ne spiega il significato 1492-2. Avviene alcune volte che si percorrono in visione terre lontane e allora si tratta per lo più di visioni immaginative.

1493.   3) Le visioni intellettuali sono quelle in cui la mente percepisce una verità spirituale senza forme sensibili: tale fu la visione della SS. Trinità avuta da S. Teresa e da noi riferita al n. 1473. Queste visioni si fanno o per mezzo di idee già acquisite ma da Dio coordinate o modificate, oppure con specie infuse, che meglio delle idee acquisite rappresentano le cose divine. A volte sono oscure e non manifestano che la presenza dell'oggetto 1493-1; a volte invece sono chiare ma non durano che un momento: sono come intuizioni che lasciano impressione profonda 1493-2.

Vi sono visioni che riuniscono due o tre caratteri nello stesso tempo. Così la visione di S. Paolo sulla via di Damasco fu insieme sensibile nel contemplare la sfolgorante luce celeste, immaginativa nel vedersi rappresentata nell'immaginazione la fisionomia di Anania, e intellettuale nell'intendere il volere di Dio sul conto suo.

1494.   b) Le locuzioni o parole soprannaturali sono manifestazioni del pensiero divino intese dai sensi esterni o dagli interni o direttamente dall'intelletto. Si dicono auricolari, quando sono vibrazioni miracolosamente formate che risuonano agli orecchi; immaginarie, quando sono percepite dall'immaginazione; intellettuali, quando si rivolgono direttamente all'intelletto 1494-1.

1495.   c) I tocchi divini sono deliziosi sentimenti spirituali impressi nella volontà da una specie di contatto divino e accompagnati da viva luce intellettuale.

Ve ne sono di due sorte: i tocchi divini ordinarii, e i tocchi divini sostanziali, i quali, pur avvenendo nella volontà, sono così profondi che pare si producano nella sostanza stessa dell'anima; onde quelle espressioni dei mistici che dichiarano di aver provato un contatto di sostanza a sostanza. Questi tocchi avvengono veramente nella parte più intima della volontà e dell'intelletto, là dove queste facoltà si inseriscono nella sostanza stessa dell'anima; ma è la facoltà, non la sostanza, quella che, secondo la dottrina di S. Tommaso, percepisce le dette impressioni 1495-1. Quest'intima parte della volontà è pur detta dai mistici cima della mente o cima della volontà o anche fondo dell'anima.

1496.   C) Come contenersi rispetto a queste grazie straordinarie. I grandi mistici sono unanimi nell'insegnare che non si deve nè desiderare nè chiedere questi favori straordinari. Non sono infatti mezzi necessari per giungere all'unione divina; anzi, attese le nostre cattive inclinazioni, sono alcune volte piuttosto ostacolo all'unione divina. Il che viene ben dimostrato specialmente da S. Giovanni della Croce, il quale afferma che il desiderio di rivelazioni lede la purità della fede, alimenta una pericolosa curiosità che è poi fonte di illusioni, ingombra la mente di vani fantasmi, indica spesso difetto d'umiltà e di sottomissione a Nostro Signore, che colle pubbliche rivelazioni ci provvide tutto ciò che è necessario a guidarci al cielo.

Alza quindi la voce contro quegli imprudenti direttori che fomentano nelle anime da loro dirette il desiderio delle visioni. "Danno loro mano -- egli dice -- perchè fissino in qualche modo gli occhi sopra di esse; il che è cagione che non camminino nel puro e perfetto spirito di fede. Non le edificano nè le fortificano più nella fede e si prestano a lunghe conversazioni su tali materie, facendo con ciò capire che ne traggono essi qualche profitto e ne fanno gran caso; e le anime quindi fanno altrettanto; rimanendosene in quelle apprensioni e non edificate sulla fede e vuote e nude e staccate da tali cose... Onde nascono per lo meno molte imperfezioni, perchè l'anima non resta più tanto umile, pensando che quelle visioni siano pur qualche cosa e che ella abbia pur qualche bene e che Dio faccia caso di lei, e se ne va contenta e anche un po' sodisfatta di sè; ciò che è contro l'umiltà... Questi confessori, vedendo che le dette anime ricevono tali cose da Dio, le pregano di chiedere a Dio che dica o riveli queste o quelle cose riguardanti loro od altri; e le povere anime lo fanno, pensando che sia lecito il volerlo sapere per quella via... E la verità è che Dio non gradisce nè vuole tal cosa" 1496-1.

E veramente le visioni sono soggette a molte illusioni, onde è necessario dare delle regole per discernere le vere dalle false.

REGOLE PER BEN DISCERNERE LE RIVELAZIONI.

1497.   A ben discernere le vere rivelazioni e scorgere l'elemento umano che vi si può insinuare, occorrono regole che riguardano la persona che riceve rivelazioni, la materia a cui si riferiscono, gli effetti che producono, i segni che le accompagnano.

A) Regole riguardanti la persona favorita di rivelazioni.

1498.   Dio può certamente far rivelazioni a chi vuole, anche a peccatori, ma abitualmente non le fa che a persone non solo fervorose ma elevate già allo stato mistico. Del resto, anche per interpretare le vere rivelazioni è necessario conoscere le buone qualità e i difetti delle persone che si credono favorite di rivelazioni. Fa quindi d'uopo studiarne le qualità naturali e soprannaturali.

a) Qualità naturali: 1) Quanto al temperamento: sono persone ben equilibrate o affette da psiconevrosi o da isterismo? È chiaro infatti che, in quest'ultimo caso, c'è motivo di tener per sospette le pretese rivelazioni, essendo cotesti temperamenti soggetti ad allucinazioni.

2) Sotto l'aspetto intellettuale: si tratta di persona di buon senso, di retto giudizio, oppure di fantasia esaltata, associata a eccessiva sensibilità? Di persona istruita o ignorante? E da chi venne istruita? Le facoltà mentali non sono forse indebolite da malattia o da lunghi digiuni?

3) Sotto l'aspetto morale: è persona intieramente sincera o suole amplificar le cose e qualche volta anche inventarle? È indole calma o appassionata?

La risposta a questi quesiti non proverà certamente se vi fu o non vi fu rivelazione, ma aiuterà molto a giudicare del valore delle affermazioni dei veggenti.

1499.   b) Rispetto alle qualità soprannaturali, si esaminerà se la persona: 1) è dotata di virtù soda e lungamente provata o soltanto di fervore più o meno sensibile; 2) se ha sincera e profonda umiltà o se cerca invece di mettersi in mostra e dire a tutti le sue grazie spirituali; l'umiltà è la pietra di paragone della santità, ov'ella manchi è pessimo segno; 3) se si apre delle sue rivelazioni col direttore anzichè con altri, e se ne segue docilmente i consigli; 4) se è già passata per le prove passive e pei primi gradi di contemplazione; e soprattutto se ha le estasi della vita, ossia se pratica le virtù in grado eroico; Dio infatti ordinariamente riserva le visioni alle anime perfette.

1500.   Notiamo bene che l'avere una persona le dette qualità non prova che abbia avuto la visione o la rivelazione, ma solo ne rende più credibile l'affermazione; come il non averle non prova che la visione o la rivelazione non ci sia stata, ma la rende poco probabile.

Inoltre queste informazioni faranno più facilmente scoprire le menzogne o le illusione dei pretesi veggenti. Ci sono infatti di quelli che, per superbia o per acquistar credito, simulano volontariamente estasi e visioni 1500-1. Altri poi, in maggior numero, illusi dalla viva fantasia, prendono per visioni o locuzioni interiori le proprie idee 1500-2.

B) Regole riguardanti la materia delle rivelazioni.

1501.   A questa specialmente bisogna badare, perchè ogni rivelazione contraria alla fede o ai buoni costumi dev'essere inesorabilmente rigettata, come unanimemente insegnano i Dottori appoggiati alle parole di S. Paolo: "Quand'anche noi o un angelo dal cielo vi annunziasse un vangelo contro quello che annunziammo a voi, sia anatema" 1501-1. Dio infatti non può contraddirsi, nè rivelar cose contrarie a ciò che c'insegna per mezzo della Chiesa. Onde un certo numero di regole che qui richiamiamo.

a) Bisogna considerar come falsa ogni rivelazione privata opposta a una verità di fede; quali sono, ad esempio, le pretese rivelazioni spiritiche che negano molti dei nostri dommi, specialmente l'eternità delle pene dell'inferno. Lo stesso è a dire se si oppongono all'unanime insegnamento dei Padri e dei Teologi, che è una delle forme del mistero ordinario della Chiesa.

Se si tratta di opinione controversa fra i teologi, bisogna tener per sospetta ogni rivelazione che pretendesse darne la soluzione; se troncasse, per esempio, le controversie tra tomisti e molinisti; perchè non suole Dio intervenire in cosiffatte questioni.

1502.   b) Si deve pure rigettare ogni visione contraria alle leggi morale e della decenza: come per esempio, apparizioni di forme umane nude, un linguaggio triviale o immodesto, descrizioni minute o particolareggiate di vizi vergognosi: cose tutte che offendono il pudore 1502-1. Dio, che non fa rivelazioni se non a vantaggio delle anime, non può, com'è chiaro, essere autore di quelle che sono tali da indurre al vizio.

Per questo stesso principio sono sospette le apparizioni che mancano di decoro e di riserbo, e a più forte ragione tutte quelle ove appare il ridicolo; quest'ultimo segno è indizio di contraffazione umana o diabolica, quali furono le manifestazioni del cimitero di San Medardo 1502-2.

c) Neppure possono ammettersi come provenienti da Dio richieste impossibili ad eseguire tenendo conto delle leggi di Provvidenza e dei miracoli che Dio suol fare; Dio infatti non chiede l'impossibile 1502-3.

C) Regole riguardanti gli effetti prodotti dalle rivelazioni.

1503.   Come si giudica l'albero dai frutti, così si può giudicar delle rivelazioni dagli effetti che producono nell'anima.

a) Stando a S. Ignazio e a S. Teresa, la visione divina cagiona a principio un sentimento di stupore e di paura, a cui presto succede un profondo e durevole sentimento di pace, di gaudio e di sicurezza. Nelle visioni diaboliche avviene il contrario; se a principio sono causa di gaudio, succede presto turbamento, tristezza, scoraggiamento: arti diaboliche onde il demonio fa cadere le anime.

1504.   b) Le vere rivelazioni rassodano l'anima nelle virtù dell'umiltà, dell'obbedienza, della pazienza e della conformità al volere di Dio; le false generano orgoglio, presunzione, disubbidienza.

Ascoltiamo S. Teresa: 1504-1 "È grazia che porta seco grandissima confusione ed umiltà. Se fosse dal demonio, sarebbe tutto il contrario. E chiaramente intendendosi che è cosa data da Dio, perchè nessuna industria basterebbe a dar tali sentimenti, è impossibile che chi l'ha pensi che sia bene suo, ma dono della mano di Dio... Dio viene con tali grandi vantaggi e interiori effetti, che l'anima non potrebbe recare così grande giovamento all'anima; nè essa sentirebbe pace così profondo, desideri così costanti di piacere a Dio, e così grande disprezzo di tutto ciò che non la porta a lui".

1505.   c) Si presenta qui la questione se si possano chiedere segni a conferma di rivelazioni private. 1) Se la cosa è importante, si può, ma umilmente e condizionatamente, perchè Dio non è obbligato a far miracoli per provare la verità di queste visioni. 2) Se gli si chiedono, è bene lasciarne la scelta a lui. Il buon parroco di Lourdes aveva fatto chiedere alla Madonna di far fiorire in pieno inverno un rosaio selvatico, miracolo che non fu concesso; ma la Vergine Immacolata fece invece zampillare una miracolosa fonte, che doveva guarire i corpi e le anime. 3) Bene accertato che sia il chiesto miracolo e la sua relazione coll'apparizione, si ha una prova seria da potervi prestar fede.

D) Regole per discernere il vero dal falso nelle rivelazioni private.

1506.   Una rivelazione può esser vera nella sostanza e contenere errori negli accessori. Dio non moltiplica i miracolo senza necessità e non corregge i pregiudizi o gli errori che possono trovarsi nella mente dei veggenti, avendo egli di mira il loro bene spirituale e non la loro formazione intellettuale. Cosa che intenderemo meglio analizzando le principali cause di errori che occorrono in talune rivelazioni private.

a) La prima causa è la mescolanza dell'attività umana coll'azione soprannaturale di Dio, massime se si tratti di fantasie e menti vivacissime.

1) Si trovano quindi nelle rivelazioni private gli errori correnti sulle scienze fisiche o storiche. S. Francesco Romana afferma d'aver visto un cielo di cristallo tra il cielo delle stelle e l'empireo, e attribuisce l'azzurro colore del firmamento al cielo delle stelle. Maria d'Agreda credette di sapere per rivelazione che, nel momento dell'Incarnazione, gli undici cieli Tolomaici si spalancarono per riverenza al Verbo che discendeva ad incarnarsi nel seno di Maria 1506-1.

2) Vi si riscontrano pure le idee e talora i pregiudizi o i sistemi dei direttori spirituali dei veggenti. Sulla fede de' suoi direttori, S. Coletta credette di vedere che S. Anna s'era maritata tre volte e veniva a visitarla colla numerosa sua famiglia 1506-2. Qualche volta le sante domenicane e francescane parlano, nelle visioni, conforme al sistema particolare del loro Ordine 1506-3.

3) Errori storici s'insinuano pure qualche volta nelle rivelazioni. Non suole Dio rivelare le esatte particolarità della vita di Nostro Signore o della SS. Vergine quando siano di scarso vantaggio alla pietà; ora parecchie veggenti, confondendo le pie loro meditazioni colle rivelazioni, danno particolarità, cifre, date, che contraddicono a documenti storici o ad altre rivelazioni. Così, nei vari racconti della Passione, molte minute particolarità narrate nelle visioni sono tra loro contradittorie (per esempio il numero dei colpi ricevuti da Gesù nella flagellazione), oppure opposte ai migliori storici 1506-4.

1507.   b) Una rivelazione divina può essere male interpretata.

Per esempio, avendo S. Giovanna d'Arco chiesto alle sue voci se verrebbe bruciata, queste le risposero di rimettersene a Nostro Signore, che l'aiuterebbe, cosicchè sarebbe liberata con grande vittoria; ora ella pensava che cotesta vittoria fosse la sua liberazione dalla prigione, e fu invece il martirio e l'ingresso in paradiso. -- S. Norberto aveva dichiarato di sapere per rivelazione, in modo certissimo, che l'anticristo verrebbe nel corso della presente generazione (secolo XII°); e, messo alle strette da S. Bernardo, disse che almeno non morrebbe prima di aver vista una persecuzione generale nella Chiesa 1507-1. -- S. Vincenzo Ferreri annunziava come prossimo il giudizio finale e pareva confermar la predizione con miracoli 1507-2.

1508.   c) Una rivelazione può essere inconsapevolmente alterata dal veggente stesso nel momento in cui cerca di spiegarla, o, più spesso ancora, dai suoi segretari.

S. Brigida confessa lei stessa che ritoccava qualche volta le sue rivelazioni per spiegarle meglio 1508-1, spiegazioni che non sempre vanno esenti da errori. Si ammette oggi che i segretari che scrissero le rivelazioni di Maria d'Agreda, di Caterina Emmerich e di Maria Lataste, le ritoccarono e non si sa fino a qual segno 1508-2.

Per tutte queste ragioni, non c'è prudenza che basti nell'esame delle rivelazioni private.

CONCLUSIONE : CONDOTTA DA TENERE RISPETTO ALLE RIVELAZIONI PRIVATE.

1509.   a) Ottima cosa per noi imitare il savio riserbo della Chiesa e dei Santi. Ora la Chiesa non ammette rivelazioni se non quando siano bene e debitamente accertate e anche allora non le impone alla credenza dei fedeli. Anzi, quando si tratti d'istituire una festa o di qualche esterna fondazione, aspetta lunghi anni prima di dare il suo giudizio, non risolvendosi se non dopo aver maturamente esaminata la cosa in sè e in relazione col Domma e colla Liturgia.

Così la Beata Giuliana di Liegi, scelta da Dio per far istituire la festa del Corpus Domini, non ne comunicò il disegno ai teologi se non ventidue anni dopo le prime visioni; e solo sedici anni appresso, il Vescovo di Liegi ne istituì la festa nella sua diocesi; e finalmente, tracorsi sei anni dalla morte della Beata, il Papa Urbano IV la istituì per tutta la Chiesa (1264). Parimenti la festa del Sacro Cuore non fu approvata che molto tempo dopo le rivelazioni fatte a S. Margherita Maria e per motivi indipendenti da quelle rivelazioni.

È lezione da cui imparare.

1510.   b) Non si darà quindi giudizio certo rispetto a una rivelazione privata se non quando si avranno prove convincenti, prove che furono molto bene compendiate da Benedetto XIV nel libro sulle Canonizzazioni. Ordinariamente non si stia a una prova sola ma se ne esigano parecchie, osservando pure se le prove sono cumulative e convergenti e se si porgono vicendevolmente conferma; quanto più le prove sono numerose tanto più si è sicuri.

1511.   c) Un direttore, che riceva confidenze in fatto di rivelazioni e visioni, badi bene a non mostrarne ammirazione, perchè potrebbe con ciò animare i veggenti a tenerle subito per vere e forse a insuperbirne. Dica invece che c'è qualche cosa di meglio delle rivelazioni ed è la pratica delle virtù; che è facile illudersi su questo punto; che bisogna diffidare, e a principio piuttosto rigettarle che accoglierle.

Tale la regola indicata dai Santi. Ecco ciò che scrive S. Teresa 1511-1: "Si tratti di persone inferme o di sane, vi è sempre da temere in queste cose, finchè non si sia bene conosciuto lo spirito. E dico che a principio è sempre meglio allontanarle; perchè se vengono da Dio, ciò serve maggiormente per andare avanti e crescono anzi quando sono provate. La cosa è così; ma si badi a non importunar troppo l'anima e inquietarla, perchè veramente lei non può far di più". S. Giovanni della Croce è ancora più energico; dopo aver indicato i sei principali inconvenienti che ne verrebbero dal far buona accoglienza a queste visioni, aggiunge: "Gode assai il demonio quando un'anima è facile ad ammettere rivelazioni e la vede ad esse inclinata; perchè ha allora molta occasione e modo di insinuare errori e derogare in ciò che gli è possibile alla fede; perchè, come dissi, grande indelicatezza rispetto alla fede entra nell'anima che le cerca e talora anche forti tentazioni e sconvenienze" 1511-2.

1512.   d) Il direttore però deve trattare con dolcezza le persone che credono di avere rivelazioni; perchè così portà guadagnarsene la confidenza e aver modo di più efficacemente conoscere le particolarità necessarie a dare, dopo matura riflessione, un sicuro giudizio. Se sono illuse, avrà maggior autorità per illuminarle e ricondurle alla verità.

Tal è il consiglio di S. Giovanni della Croce, che è pur così severo in fatto di visioni: "Si badi però che, se abbiamo tanto severamente inculcato la necessità di rigettare cosiffatte cose (visioni, rivelazioni, locuzioni) e detto che i confessori non ne introducano discorso con le anime, non intendiamo con ciò che ne debbano mostrare tale disgusto e disprezzo, da dar loro occasione di avvilirsi e non dir più nulla; dal che verrebbero gravi inconvenienti" 1512-1.

1513.   e) Se si tratta di qualche istituzione o fondazione esterna, il direttore badi bene di non assecondarle prima di avere diligentemente pesate le ragioni pro e contro al lume della soprannaturale prudenza.

Tal fu la condotta tenuta dai Santi. S. Teresa, che ebbe tante rivelazioni, non volle mai che i suoi direttori le prendessero ad unica norma delle loro risoluzioni. Così, quando Nostro Signore le disse per rivelazione di fondare il monastero riformato di Avila, sottopose umilmente questo disegno al direttore e, mostrandosene egli incerto, prese consiglio da S. Pietro d'Alcantara, da S. Francesco Borgia e da S. Luigi Bertrando 1513-1.

Pei veggenti poi l'unica regola da tenere è di palesare le rivelazioni a un savio direttore e seguirne umilmente e intieramente i consigli: è il mezzo migliore per non smarrirsi.

II. Le grazie gratisdate 1514-1.

1514.   Le rivelazioni di cui abbiamo parlato sono concesse specialmente per bene proprio di chi le riceve, le grazie gratisdate invece specialmente per bene altrui. Sono infatti doni gratuiti, straordinari e passeggieri, conferiti direttamente a vantaggio altrui, benchè indirettamente possano pure servire alla propria santificazione. S. Paolo ne parla col nome di carismi; e nell'Epistola ai Corinti ne enumera nove, tutti provenienti dallo stesso Spirito:

1515.   1) La parola della sapienza, sermo sapientiæ, che ci aiuta a trarre dalle verità della fede, considerate come principi, conclusioni che arricchiscono il domma.

2) La parola della scienza, sermo scientiæ, che ci fa trar partito dalle scienze umane per la spiegazione delle verità della fede.

3) Il dono della fede, che non è la virtù di questo nome, ma una certezza speciale, capace di operar prodigi.

4) Il dono delle guarigioni, gratia sanitatum, che è il potere di risanar gli infermi.

5) Il dono dei miracoli, o il potere di far miracoli a conferma della divina rivelazione.

6) Il dono della profezia, o il dono d'insegnare e predicare il nome di Dio e confermare, occorrendo, l'insegnamento o la predicazione con soprannaturali profezie.

7) Il discernimento degli spiriti, o il dono infuso di leggere nel segreto dei cuori e discernere il buono dal cattivo spirito.

8) Il dono delle lingue, detto anche con termine greco glossolalia, che in S. Paolo è il dono di pregare con santo entusiasmo in ignota lingua straniera; secondo i teologi invece è il dono soprannaturale di parlar varie lingue.

9) Il dono dell'interprtazione, o il potere soprannaturale d'interpretare i discorsi di colui che aveva il dono delle lingue, il quale, pur soprannaturalmente parlandole, non sempre le capiva 1515-1.

Secondo la giustissima osservazione di S. Paolo e di S. Tommaso, tutti questi carismi sono di molto inferiori alla carità e alla grazia santificante.

§ II. Fenomeni psicofisiologici.

1516.   Si dà questo nome a fenomeni che operano nello stesso tempo sull'anima e sul corpo e che si collegano più o meno coll'estasi di cui abbiamo parlato al n. 1454. I principali di questi fenomeni sono:

I. La levitazione 1517-1.

1517.   La levitazione è un fenomeno onde il corpo viene sollevato in aria e vi rimane pendulo senza alcun naturale appoggio: è l'estasi ascensiva o salita estatica; talora il corpo viene rapito a grandi altezze: è il volo estatico; altre volte pare che corra rapidamente rasente il suolo: è la corsa estatica.

Molti fatti di levitazione si leggono nella vita di parecchi santi, così nei Bollandisti come nel Breviario; per esempio: S. Paolo della Croce, 28 aprile; S. Filippo Neri, 26 maggio; S. Stefano d'Ungheria, 2 settembre; S. Giuseppe da Copertino, 18 settembre; S. Pietro d'Alcantara, 19 ottobre; S. Francesco Saverio, 3 dicembre; ecc. Uno dei più celebri è S. Giuseppe da Copertino, il quale, vedendo un giorno certi operai in grave difficoltà per erigere una pesantissima croce di missione, preso l'aereo suo volo, afferra la croce e agevolmente la pianta nella buca preparata.

Si collega a questo fenomeno quello di una pesantezza straordinaria, onde il corpo non può essere smosso neppure da forza potentissima 1517-2.

1518.   I razionalisti tentarono di questo fenomeno una spiegazione naturale recando in mezzo non so quale aspirazione profonda dell'aria nei polmoni o un'ignota forza psichica o l'intervento di spiriti o di anime separate; come a dire che non trovano alcuna spiegazione seria. Ben più savio è Benedetto XIV! Egli vuole prima di tutto che, a scanso di inganni, il fatto sia bene accertato. Poi dichiara: 1) che la levitazione bene accertata non può spiegarsi naturalmente; 2) ma che non supera le forze dell'angelo e del demonio, i quali hanno potere di sollevare i corpi; 3) che nei Santi questo fenomeno è un'anticipazione della dote dell'agilità propria dei corpi gloriosi 1518-1.

II. Le irradiazioni luminose 1519-1.

1519.   L'estasi è talora accompagnata da fenomeni luminosi; ora è un'aureola di luce che cinge la fronte, ora è tutto il corpo che diventa luminoso.

Compendieremo anche qui la dottrina di Benedetto XIV 1519-2. Bisogna prima di tutto studiar bene il fatto in tutte le sue circostanze, per vedere se la luce non possa spiegarsi naturalmente.

Si badi specialmente: 1) se il fenomeno accade di pieno giorno o durante la notte, e, in quest'ultimo caso, se la luce è più brillante d'ogni altra; 2) se si tratta di semplice scintilla simile alla scintilla elettrica, oppure se il fenomeno luminoso dura un tempo notevole e si rinnova più volte; 3) se avviene durante un atto di religione, un'estasi, una predica, una preghiera; 4) se produce frutti di grazia, conversioni costanti, ecc.; 5) se virtuosa e santa è la persona da cui parte questa irradiazione.

Solo dopo aver maturatamente esaminate tutte queste particolarità si potrà concludere che si tratta veramente di fatti soprannaturali. Anche qui si ha un'anticipazione della dote dello splendore onde brilleranno i corpi gloriosi.

III. Gli effluvi odorosi.

1520.   Dio fa che talora dai corpi dei santi, in vita o dopo morte, esalino olezzi, a simbolo del buon odore delle virtù da loro praticate.

Così dalle stimate di S. Francesco d'Assisi emanavano alcune volte soavi odori. Alla morte di S. Teresa, l'acqua onde ne fu lavato il corpo, rimase profumata; per nove mesi continui un'arcana fragranza esalò dalla sua tomba; e, quando ne fu esumato il corpo, ne fluì olio odoroso 1520-1. E si hanno molti altri fatti simili.

Benedetto XIV insegna come si deve procedere per accertare il miracolo; si esaminerà: 1) se il soave odore è persistente; 2) se non c'è nulla nel corpo o nel suolo che ne possa dar spiegazione; 3) se ci sono miracoli prodotti dall'uso dell'acqua o dell'olio provenienti dal corpo del santo 1520-2.

IV. L'astinenza prolungata.

1521.   Vi sono Santi, massime fra gli stimatizzati, che vissero parecchi anni senz'altro cibo che la santa comunione.

Il Dr. Imbert-Goubeyre cita in particolare alcuni casi mirabili 1521-1: "La B. Angela da Foligno rimase dodici anni senza prender cibo; S. Caterina da Siena circa otto anni; la B. Elisabetta di Rente più di quindici anni; S. Liduina ventotto anni; La B. Caterina da Racconigi dieci anni... ai nostri giorni, Rosa Andriani ventotto anni... e Luigia Lateau quattordici anni".

La Chiesa si mostra severissima nell'inchiesta di tali fatti ed esige vigilanza lunga ed assidua di testimoni numerosi ed abili a scoprir le frodi 1521-2. Devono esaminare se l'astinenza è totale che comprende bevande e cibi solidi, se è costante, e se la persona continua ad attendere alle proprie occupazioni.

È pur da collegare con questo fenomeno l'astinenza del sonno: così S. Pietro d'Alcantara per quarant'anni non dormì che on'ora e mezzo per notte; S. Caterina de' Ricci non dormiva che un'ora per settimana.

V. Le stimate.

1522.   1° Natura ed origine. Questo fenomeno consiste in una specie d'impressione delle sacre piaghe del Salvatore sui piede, sulle mani, sul costato e sulla fronte, che compaiono spontaneamente senza essere provocate da esterna ferita ed emettono periodicamente vivo sangue.

Il primo stimatizzato che si conosca è S. Francesco d'Assisi: stando, il 17 settembre del 1222, sul monte Alvernia, vide in una mirabile estasi un serafino che gli presentava l'immagine di Gesù Crocifisso e che gl'impresse le sacre stimate; piaghe che conservò sino alla morte, onde fluiva sangue vermiglio. Studiossi di tener nascosto il miracolo ma non vi potè ben riuscire; e alla morte, che avvenne l'11 ottobre del 1226, il prodigio diventò pubblico. D'allora in poi questi casi si moltiplicarono. Il Dr. Imbert ne conta trecentoventuno, di cui quarantuno di uomini; e degli stimatizzati sessantadue vennero canonizzati.

1523.   Pare accertato che le stimate non avvengono che negli estatici e che sono precedute e accompagnate da vivissimi patimenti fisici e morali, che rendono così la persona conforme a Gesù sofferente. L'assenza di tali patimenti sarebbe cattivo segni; perchè le stimate non sono che il simbolo dell'unione col divin Crocifisso e della partecipazione al suo martirio.

Il fatto delle stimate è provato da testimonianze così numerose che anche gli increduli generalmente l'ammettono, cercando però di darne una spiegazione naturale. Dicono che in certe persone dotate di singolare sensibilità si può, sovraeccitando la fantasia, provocar sudori di sangue che assomigliano alle stimate. Ma veramente i pochi risultati così ottenuti sono tutt'altra cosa da ciò che avviene negli stimatizzati.

1524.   2° Segni per discernere le vere stimate. Bisogna dunque, per ben distinguere le stimate dai fenomeni artificiali provocati in certi individui, badar bene a tutte le circostanze che qualificano le vere stimate.

1) Le stimate sono circoscritte a quelle parti ove Nostro Signore ricevette le cinque piaghe, mentre l'essudazione sanguigna degli ipnotizzati non è circoscritta a questo modo.

2) Ordinariamente la rinnovazione delle piaghe e dei dolori degli stimatizzati avviene nei giorni o nei tempi che ricordano la Passione del Salvatore, come il venerdì o qualche festa di Nostro Signore.

3) Queste piaghe non fanno suppurazione: il sangue che ne esce è puro, mentre che ogni minima lesione naturale su altre parti del corpo fa suppurazione, anche negli stimatizzati. E non guariscono, per quanti rimedi ordinari vi si adoprino, persistendo talora trenta e quarant'anni.

4) Producono copiose emorragie: cosa che si capisce nel giorno in cui compaiono, ma diventa inesplicabile nei giorni seguenti. Inesplicata pure rimane la copia di sangue versato; benchè le stimate siano ordinariamente alla superficie, lontane dai grossi vasi sanguigni, pure emettono copioso sangue.

5) Da ultimo, ed è la cosa precipua, le stimate non si riscontrano se non in persone che praticano le più eroiche virtù e che specialmente hanno grande amore alla croce.

Lo studio di tutte queste circostanze chiaramente dimostra che non siamo qui dinanzi a un caso patologico ordinario, ma che c'è l'intervento di una causa intelligente e libera, la quale opera sugli stimatizzati per renderli più conformi al divin Crocifisso.

CONCLUSIONE : DIFFERENZE TRA QUESTI FENOMENI E I FENOMENI MORBOSI.

1525.   I fenomeni che si connettono coll'estasi sono così ben provati che i positivisti non possono negarli; si sforzano però di agguagliarli a certi fenomeni morbosi prodotti da psiconevrosi e specialmente dall'isterismo; alcuni anzi ci vedono una forma di pazzia. -- I Santi vanno certamente soggetti anch'essi alla malattie come gli altri uomini, ma non di questo ora si tratta, bensì di sapere se, non ostante le malattie, abbiano le facoltà mentali sane ed assestate. Ora su questo punto corrono tra i fenomeni mistici e le psiconevrosi differenze così sostanziali, che nessuna persona di buona fede può ricusare di riconoscerle e conchiudere che non c'è tra loro alcuna possibile parità 1525-1. Tali differenze si desumono specialmente: 1° dalle persone; 2° dalla diversità dei fenomeni; 3° dagli effetti.

1526.   1° Differenze da parte delle persone. Paragonando i colpiti da psiconevrosi cogli estatici, si vede che i primi sono fisicamente e moralmente squilibrati, mentre i secondi sono, almeno sotto l'aspetto morale, perfettamente sani.

A) I primi sono squilibrati così nelle facoltà mentali come nel fisico.

Si nota in loro una diminuzione dell'attività intellettuale e della potenza della volontà; alterata o sospesa è la coscienza, l'attenzione diminuita, immiserita l'intelligenza, la memoria sconvolta per guisa che si crede a uno sdoppiamento della personalità; presto non restano più nella mente che poche idee fisse; onde un certo monoideismo che s'accosta alla pazzia. Si indebolisce nello stesso tempo la volontà; le emozioni prendono il sopravvento; si diventa lo zimbello dei propri capricci o delle suggestioni altrui; e non si è più capaci di governarsi. C'è dunque un infiacchimento e una diminuzione della personalità e delle forze intellettuali e morali 1526-1.

1527.   B) Nei mistici avviene tutto il contrario: l'intelligenza s'allarga, la volontà s'invigorisce, e diventano capaci di concepire e compiere le più grandi imprese. Acquistano infatti, come abbiamo veduto, cognizioni nuove su Dio, sui suoi attributi, sui dommi della fede, su se stessi. Non possono, è vero, esprimere tutto ciò che vedono, ma dichiarano con tutta sincerità di aver imparato più in pochi istanti di contemplazione che in lunghe letture; convinzione che produce un vero progresso nella pratica delle più eroiche virtù. Si vedono infatti più umili, più caritatevoli, più sottomessi alla volontà di Dio, anche in mezzo ai più duri patimenti, dotati di calma, di pace, di serenità inalterabili. Che differenza dalle agitazioni e dagli appassionati movimenti degli isterici!

1528.   2° Differenze da parte dei fenomeni. Non ci sono minori differenze da parte del modo con cui si producono o fenomeni negli uni e negli altri.

A) Nulla di più triste e di più nauseante delle crisi isteriche:

1) La prima fase assomiglia a un leggiero attacco d'epilessia, ma se ne distingue per la sensazione d'una palla che sale alla gola, la quale non è in sostanza che un gonfiamento della gola con impressione di soffocazione; e per una specie di zufolìo sentito dall'orecchio. 2) La seconda consiste in gesti disordinati, in contorsioni di tutto il corpo, e specialmente nell'arcuar la persona all'indietro. 3) La terza è quella degli atteggiamenti passionali di terrore, di gelosia, di lubricità, dettati dall'immagine o dall'idea che li domina. 4) Finiscono con accessi di pianto o di riso, con cui la crisi si risolve. E la persona ne esce stanca e spossata con sequela di vari incomodi.

B) Anche qui qual differenza! Negli estatici non convulsioni, non violente agitazioni, ma calma e dolce rapimento dell'anima intimamente unita a Dio; tanto che chi assiste all'estasi, come per esempio quelli che vedevano la Bernardina nel momento delle visioni alla grotta di Massabielle, non può trattenere l'ammirazione. Anzi, come dichiara S. Teresa, n. 1456, il corpo, in cambio di rimanere spossato, riprende nell'estasi novelle forze.

1529.   3° Differenze da parte degli effetti. Ben diversi sono gli effetti nei due casi.

A) Negli isterici quanto più le scene descritte si moltiplicano, tanto più cresce lo squilibrio delle facoltà; dissimulazione, menzogna, abbrutimento, lubricità: tal è il risultato delle esperienze fatte su queste sventurate vittime.

B) Nei mistici invece è un costante aumento di intelligenza, di amor di Dio, di dedizione al bene del prossimo. Quando devono metter mano a opere e fondazioni, danno prova di buon senso, di mente aperta e sicura, di energica volontà, coronati dalla buona riuscita.

S. Teresa, prima di morire, non ostante le molteplici opposizioni, aveva fondato sedici conventi di donne e quattordici di uomini. S. Coletta fondò tredici monasteri e rimise in vigore la disciplina in gran numero d'altri. La Signora Acarie, estatica fin dall'età di sedici anni, visse trent'anni nel matrimonio, allevò sei figli, rifece il domestico patrimonio compromesso dalle imprudenze del marito, e, rimasta vedova, contribuì alla fondazione del Carmelo in Francia. S. Caterina da Siena, morta a trentadue anni, senza sapere per molto tempo nè leggere nè scrivere, ebbe parte così importante negli avvenimenti contemporanei, e specialmente nel ritorno dei Papi a Roma, che uno storico recente la disse uomo di Stato e grande uomo di Stato 1529-1.

Come si vede, vi sono dunque tra gl'isterici e gli stimatizzati tali differenze che il volerli agguagliare è un calpestar tutte le regole dell'osservazione scientifica.

1530.   4° Obiezione. Resta però un'ultima difficoltà da risolvere: ci son di quelli che pretendono col Ribot che l'estasi sia un progressivo restringimento del campo della coscienza, che finisce in un monoideismo affettivo; perchè i mistici più non pensano e non parlano che di intima unione con Dio. -- Per rispondere a questa speciosa difficoltà, si può distinguere un doppio monoideismo: l'uno è disorganizzatore e disgrega a poco a poco la personalità falsando il giudizio; tal è l'idea fissa del suicida che cerca il nulla come bene supremo; l'altro invece è un monoideismo coordinatore, che fa, è vero, predominare nell'anima un'idea principale, a questa richiamando tutte le altre, ma senza falsarle. Quest'ultimo non solo non disgrega la personalità ma anzi la fortifica; non è forse per il fatto di avere un'idea fissa, a cui collegano tutti i loro disegni, che i grandi politici riescono a far cose grandi, quando per altro si tratti di idea giusta?

Tal è il caso dei mistici. Hanno un'idea predominante, un'idea fissa, quella di attendere soprattutto al loro ultimo fine, vale a dire all'intima unione con Dio, fonte di ogni felicità e di ogni perfezione: a lei coordinano tutti gli altri pensieri, tutti gli affetti, tutte le energie. Ed è idea intieramente giusta; che non disgrega ma coordina tutti i pensieri e tutte le azioni, orientandole verso quell'unico fine che solo può darci la perfezione e la felicità. Ecco perchè i Santi, anche umanamente considerati, sono persone di grande operosità, pieni di buon senso, d'energia, di costanza, che concepiscono e conducono a buon fine grandi imprese. È cosa notata dagli increduli stessi, come abbiamo già detto al n. 43.

Siamo dunque giusti e confessiamo che i mistici sono nello stesso tempo Santi e uomini superiori.

ART. II. FENOMENI DIABOLICI 1531-1.

1531.   Spinto dalla gelosia ad imitare l'azione divina nelle anime dei Santi, il demonio si sforza di esercitare anche lui il suo impero o piuttosto la sua tirannia sugli uomini. Ora vessa l'anima dal di fuori suscitando in lei orribili tentazioni; ora si fissa nel corpo e lo muove a suo grado come ne fosse il padrone per riuscire a turbar l'anima. Nel primo caso si ha l'infestazione, nel secondo l'ossessione 1531-2.

Quanto all'azione del demonio bisogna schivare i due eccessi: vi sono di quelli che gli attribuiscono tutti i mali che ci accadono, dimenticando che ci sono in noi stati morbosi che non suppongono alcun immediato intervento diabolico e inclinazioni cattive che provengono dalla triplice concupiscenza: cause naturali certo biasimevoli a spiegare molte tentazioni. Ci sono altri invece che, dimenticando quanto la S. Scrittura e la Tradizione ci dicono dell'azione del demonio, non vogliono in nessun caso ammettere l'intervento. A tener la retta via, la regola da seguire è questa: non accettare come fenomeni diabolici se non quelli che o per il carattere straordinario o per un complesso di circostanze dinotano l'azione dello spirito maligno.

Tratteremo prima dell'infestazione e poi dell'ossessione.

§ I. Dell'infestazione.

1532.   I. Natura. L'infestazione è in sostanza una serie di tentazioni ordinarie. È esterna quando opera sui sensi esterni con apparizioni; interna, quando produce interne impressioni. Trattandosi non di luoghi ma di persone infestate dal demonio, è raro che l'infestazione sia puramente esterna, perchè il demonio non opera sui sensi se non per turbare più facilmente l'anima. Vi sono però dei Santi, che, pur essendo esteriormente infestati da ogni sorta di fantasmi, conservano nell'anima inalterabile pace.

1533.   1° Il demonio può operare su tutti i sensi esterni:

a) Sulla vista, apparendo ora sotto forme ributtanti, per atterire le persone e distoglierle dalla pratica della virtù, come fece con la V. Madre Agnese de Langeac 1533-1 e con molti altri; ora sotto forme seducenti, per attirare al male, come avvenne spesso a S. Alfonso Rodriguez 1533-2.

b) Sull'udito, facendo sentire parole o canti blasfemi od osceni, come si legge nella vita di S. Margherita da Cortona 1533-3; o cagionando rumori per spaventare, come qualche volta accadeva a S. Maddalena de' Pazzi e al S. Curato d'Ars 1533-4.

c) Sul tatto, in doppio modo: ora con percosse e ferite, come si legge nelle bolle di canonizzazione di S. Caterina da Siena e di S. Francesco Saverio e nella vita di S. Teresa 1533-5; ora con amplessi provocanti al male, come narra di sè S.Alfonso Rodriguez 1533-6.

Vi sono dei casi, come osserva il P. Schram 1533-7, in cui queste apparizioni sono semplici allucinazioni prodotte da soverchia eccitazione nervosa; ma sono anche allora terribili tentazioni.

1534.   2° Il demonio opera pure sui sensi interni, la fantasia e la memoria, e sulle passioni, per eccitarle. Uno si sente, quasi a suo dispetto, invaso da fantasie importune, noiose, che persistono non ostante i vigorosi sforzi di cacciarle via; si trova in preda a fremiti d'ira, ad angosce di disperazione, a moti istintivi d'antipatia; o prova invece pericolose tenerezze senza ragione alcuna che le giutifichi. È difficile, è vero, molte volte determinare se si tratti di vera infestazione diabolica, ma quando tali tentazioni sono nello stesso tempo repentine, violente, tenaci, e difficili a spiegare con cause naturali, vi si può vedere una speciale azione del demonio. Nei casi dubbi, è bene consultare un medico cristiano, che esamini se tali fenomeni dipendano da stato morbosa che possa essere da buona igiene attenuato.

1535.   II. Condotta del direttore. Deve associare la più oculata prudenza alla più paterna bontà.

a) Non presterà certamente fede, se non ne abbia prove serie, a una vera infestazione. Ma, infestazione o no, deve usar compassione coi penitenti assaliti da tentazioni violente e tenaci e aiutarli con savi consigli. Ricorderà loro in particolare quanto dicemmo sulla tentazione, sul modo di resistervi, n. 902-918, e sui rimedi speciali contro la tentazione diabolica, n. 223-224.

b) Se, sotto la violenza della tentazione, avvenissero disordini senza alcun consenso della volontà, rammenti che non si dà peccato senza consenso. Nel dubbio, giudicherà che non ci sia stata colpa, almeno grave, quando si tratti di persona abitualmente ben disposta.

c) Trattandosi di persone fervorose, il direttore esaminerà se queste persistenti tentazioni non entrino forse nel novero delle prove passive che abbiamo più sopra descritte, al n. 1426; e allora darà a queste persone consigli adatti al loro stato interiore.

1536.   d) Se l'infestazione diabolica è moralmente certa o molto probabile, si possono adoperare, in forma privata, gli esorcismi prescritti dal Rituale Romano o altre formole più brevi; è bene in questo caso non avvertire la persona che si sta per esorcizzarla, ove si temesse che questo avviso possa turbarne o esaltarne la fantasia; basta dirle che le si recita una preghiera approvata dalla Chiesa. Per gli esorcismi solenni occorre la licenza dell'Ordinario e le precauzioni che indicheremo parlando dell'ossessione.

§ II. Dell'ossessione 1537-1.

Ne spiegheremo:

I. Natura dell'ossessione.

1537.   1° Gli elementi costitutivi. L'ossessione è costituita da due elementi: dalla presenza del demonio nel corpo dell'ossesso e dal dominio che esercita su questo corpo e per esso sull'anima. Quest'ultimo punto ha bisogno di essere spiegato. Il demonio non è unito al corpo come vi è unita l'anima; non è rispetto all'anima che un motore esterno, e, se opera su di lei, lo fa solo per mezzo del corpo in cui abita. Può operare direttamente sulle membra del corpo facendo fare ogni sorta di movimenti; e opera indirettamente sulle facoltà per quel tanto che nell'operare dipendono dal corpo.

Negli ossessi si possono rilevare due stati distinti: lo stato di crisi e lo stato di calma. La crisi è come una specie d'accesso violento, in cui il demonio esercita il suo tirannico dominio imprimendo al corpo un'agitazione febbrile che si palesa in contorsioni, scoppi di rabbia, parole empie e blasfeme. I pazienti perdono allora, a quanto pare, ogni coscienza di ciò che avviene in loro e, tornati in sè, non serbano memoria di quanto dissero o fecero, o piuttosto di ciò che disse o fece il demonio per mezzo loro. L'irruzione del demonio sentono solo a principio, poi pare che perdano la coscienza.

1538.   Vi sono però eccezioni a questa regola generale. Il P. Surin che, esorcizzando le Orsoline di Loudun, diventò ossesso egli pure, serbava coscienza di ciò che dentro gli accadeva 1538-1. Descrive in che modo si sentiva l'anima come divisa, aperta per un verso alle impressioni diaboliche e per l'altro abbandonata all'azione di Dio; e come pregava mentre il corpo andava ruzzolando per terra. Aggiunge: "Il mio stato è tale che mi restano ben poche azioni in cui io sia libero. Se voglio parlare, la lingua mi si ribella; nella Messa, sono costretto tutto a un tratto a fermarmi; a tavola, non mi posso accostare i bocconi in bocca. Se mi confesso, i peccati mi sfuggono; e sento che il demonio è in me come in casa sua ed entra ed esce come gli piace".

1539.   Negli intervalli di calma, nulla scopre la presenza dello spirito maligno e si direbbe che si sia ritirato. Qualche volta però questa presenza si palesa con una specie di malattia cronica che resiste a ogni arte medica.

Ci sono spesso parecchi demonii in un solo ossesso; il che mostra la loro debolezza.

L'ossessione ordinariamente non avviene che in peccatori; ma vi sono eccezioni, come nel caso del P. Surin.

1540.   2° I segni dell'ossessione. Essendovi malattie nervose e monomanie o casi d'alienazione mentale che s'accostano nelle esterne manifestazioni all'ossessione diabolica, è opportuno dare dei segni onde poterla distinguere da questi fenomeni morbosi.

Stando al Rituale Romano 1540-1, ci sono tre segni principali che possono far riconoscere l'ossessione: "parlare una lingua ignota adoprandone parecchie parole, o capire chi la parla; scoprire cose lontane ed occulte; dar prova di forze superiori all'età o alla condizione della persona. -- Questi ed altri simili segni, quando siano in molti in una stessa persona, sono i più forti indizi dell'ossessione". Diciamone una parola di spiegazione.

a) L'uso di lingue ignote. Occorre, per accertarlo, un profondo esame della persone, vedere se non ebbe occasione in passato d'imparare alcuni vocaboli di queste lingue, se non dice solo qualche frase imparata a memoria ma parla e capisce una lingua che prima le era veramente ignota 1540-2.

b) La rivelazione di cose occulte inesplicabile con mezzi naturali. Qui pure è necessaria un'accurata inquisizione: trattandosi, per esempio, di cosa lontana, bisogna assicurarsi che la persona non l'abbia conosciuta per lettera, per telegramma o per altro mezzo naturale; trattandosi di cose future, bisogna aspettarne l'avveramento, per vedere se avvengono proprio come furono predette, e se sono così ben determinate da non prestarsi ad equivoci. Non si deve quindi tener conto di certe vaghe predizioni di grandi sventure, seguite da lieti eventi: sarebbe modo assai facile per acquistarsi fama di profeti! Debitamente accertato il fatto, resta a vedere, applicando le regole sul discernimento degli spiriti, se questa preternaturale conoscenza provenga da spirito buono o da cattivo; e da uno spirito cattivo attualmente presente nell'ossesso.

c) La prova di forze notevolmente superiori alle forze naturali della persona, tenendo conto dell'età, delle abitudini, dello stato di salute, ecc.; vi sono infatti casi di sovreccitazione in cui le forze si raddoppiano. Abbiamo già detto che il fenomeno della levitazione, quando è ben accertato, è cosa preternaturale; ora vi sono dei casi in cui le circostanze non permettono di attribuirlo a Dio o agli angeli suoi, onde vi si deve riconoscere un segno di intervento diabolico.

1541.   Si possono a questi segni aggiungere quelli che vengono dagli effetti prodotti dall'uso degli esorcismi o di oggetti sacri, specialmente quando quest'uso si fa senza che il supposto ossesso lo sappia. Vi sono infatti di quelli che, al contatto d'un oggetto sacro, o quando si recitano su di loro preghiere liturgiche, montano in indicibile furore e bestemmiano orribilmente. Ma tal segno non è certo se non quando la cosa si fa senza che lo sappiano, altrimenti, se se ne accorgono, possono dare in ismanie o per avversione che abbiano a ciò che è religioso o per simulazione.

Non è dunque facile riconoscere la vera ossessione, e non sarà mai troppo il riserbo prima di darne giudizio.

1542.   3° Differenze tra l'ossessione e i disturbi nervosi. Esperienze fatte su persone colpite da malattie nervose mostrarono una certa analogia tra questi stati morbosi e gli atteggiamenti esterni degli ossessi 1542-1. Nè c'è da meravigliarne: il demonio può produrre e malattie nervose e fenomeni esterni simili a quelli delle nevrosi. Nuova ragione per essere molto riserbati nei giudizi su pretesi casi di ossessione.

Queste analogie però riguardano unicamente i gesti esterni, che non bastano da soli a provare l'ossessione. Non s'incontrano mai colpiti da nevrosi che parlino lingue ignote i rivelino i segreti dei cuori o predicano l'avvenire con precisione e certezza. Ora sono questi, come dicemmo, i veri segni dell'ossessione; ove manchino tutti, si può credere a una semplice nevrosi. Se vi furono qualche volta esorcisti che s'ingannarono, lo dovettero al non essersi attenuti alle regole fissate dal Rituale. A scanso di errori, è opportuno far esaminare il caso non solo da sacerdoti ma anche da medici cristiani.

1543.   Così il P. Debreyne, che prima di farsi Trappista, era stato medico, narra di aver dovuto curare una comunità di donne, il cui stato presentava grandi somiglianze con quello delle Orsoline di Loudun. Ed egli in breve le guarì adoprando mezzi igienici e specialmente un assiduo e vario lavoro manuale 1543-1.

Bisogna diffidare specialmente delle ossessioni epidemiche: può darsi che un vero caso di ossessione cagioni in chi vi assiste uno stato nervoso esteriormente simile all'ossessione. Il miglior mezzo per schivare questa specie di contagio è di disperdere le persone così colpite e allontanarle dal luogo ove contrassero questa nervosità.

II. Rimedi contro l'ossessione.

I rimedi generali sono tutti quelli che possono indebolire l'azione del demonio sull'uomo, purificar l'anima e fortificar la volontà contro i diabolici assalti; gli speciali sono gli esorcismi.

1544.   1° Rimedi generali. Si adopreranno tutti quelli che abbiamo indicati parlando della tentazione diabolica, n. 223-224.

A) Uno dei più efficaci è la purificazione dell'anima con una buona confessione, massime con una confessione generale, che, umiliandoci e santificandoci, mette in fuga il demonio, spirito superbo ed impuro. Il Rituale consiglia di aggiungervi il digiuno, la preghiera e la santa comunione 1544-1. Quanto più si è puri e mortificati tanto minor presa ha su di noi il demonio. La santa comunione poi ci mette dentro Colui che trionfò di Satana; ma non dev'essere ricevuta dall'ossesso che nei momenti di calma.

B) I sacramenti e gli oggetti benedetti hanno pure grande efficacia per le preghiere fatte dalla Chiesa nel benedirli. S. Teresa aveva speciale fiducia nell'acqua benedetta, fiducia ben fondata, perchè la Chiesa vi annette la virtù di cacciare il demonio 1544-2. Ma bisogna usarne con grande spirito di fede, di umiltà e di confidenza.

C) Il crocifisso, il segno della croce, principalmente le autentiche reliquie della vera croce sono terribili al demonio che con la croce fu vinto: "et qui in ligno vincebat, in ligno quoque vinceretur1544-3. Per la stessa ragione lo spirito maligno teme assai l'invocazione del santo nome di Gesù, che, secondo la promessa stessa del divino Maestro, ha mirabile potere a mettere in fuga il demonio 1544-4.

1545.   2° Esorcismi. La Chiesa, avendole Gesù Cristo lasciato il potere di cacciare i demoni, istituì presto l'ordine degli Esorcisti, conferendo loro il potere d'imporre le mani sugli ossessi, catecumeni o battezzati; e compose più tardi formule di preghiera di cui dovevano servirsi. L'ufficio di esorcista è però difficile nella pratica, perchè richiede molta scienza, virtù e prudenza; onde questo potere oggi rimane in essi legato e non può in forma solenne esercitarsi se non da sacerdoti scelti a tal fine dall'Ordinario. Ma possono i sacerdoti fare esorcismi privati, giovandosi delle preghiere della Chiesa o di altre formule; anzi anche i laici possono recitare queste preghiere sebbene non in nome della Chiesa 1545-1.

1546.   Il Rituale indica il modo di procedere a dà agli esorcisti saviissimi consigli, di cui toccheremo solo i principali. Accertata l'ossessione e ricevuta la debita delegazione per gli esorcismi:

1) Conviene prepararsi a questo terribile ufficio con un'umile e sincera confessione, affinchè il demonio non possa rinfacciare agli esorcisti le loro colpe; e col digiuno e colla preghiera, perchè ci sono certi demoni che non cedono se non a questi mezzi 1546-1.

2) Gli esorcismi devono ordinariamente farsi in una chiesa o cappella, tranne che, per gravi ragioni, non si giudichi opportuno farli in casa privata. In ogni caso l'esorcista non dev'essere mai solo coll'ossesso, ma accompagnato da testimoni gravi e pii e abbastanza robusti da dominare il paziente nelle sue crisi. Trattandosi di donna, a frenarla vi saranno donne di prudenza e virtù provata; e il sacerdote vi si terrà in grande riserbo e modestia.

1547.   3) Recitate le preci prescritte, l'esorcista procederà alle interrogazioni. Deve far le domande con autorità, attenendosi solo alle utili e consigliate dal Rituale: sul numero e sul nome degli spiriti inabitanti l'ossesso; sul tempo e sui motivi dell'ossessione; si intìma al demonio di dire quando uscirà e a quale segno se ne conoscerà la fuga, minacciandolo, ove si ostini, di aumentarne i tormenti a proporzione della resistenza. A questo fine si ripeteranno gli scongiuri che paiono più efficaci ad irritarlo, le invocazioni dei Santi Nomi di Gesù e di Maria, i segni di croce e la aspersioni di acqua benedetta; obbligandolo a prostrarsi dinanzi alla SS. Eucarestia o al Crocifisso o alle sacre reliquie. -- Si badi bene a schivare la loquacità, le facezie, le domande oziose; se lo spirito maligno dà risposte mordaci o ridicole o corre a digressioni, gli s'impone con autorità e dignità il silenzio.

1548.   4) Non si ha da permettere ai testimoni, -- che devono per altro esser pochi 1548-1 -- di far domande; ma stiano silenziosi e raccolti, pregando in unione coll'esorcizzante.

5) Non deve l'esorcista, non ostante l'autorità di cui è rivestito, rilegare il demonio più in un luogo che in un altro; badi solo ad espellere lo spirito maligno, lasciandone la sorte alla divina giustizia. Bisogna continuare gli esorcismi per parecchie ore e anche per parecchi giorni, con intervalli di riposo, finchè il demonio esca o almeno si dichiari pronto al uscire.

6) Certa che sia la liberazione, l'esorcista prega Dio di interdire al demonio di mai più rientrare nel corpo da lui forzatamente abbandonato; ringrazia il Signore e invita la persona liberata a benedirlo e a diligentemente schivare ogni peccato per non ricadere sotto l'impero del demonio.

Conclusione.

1549.   Questi fenomeni straordinari, divini o diabolici, mostrano da un lato la misericordiosa bontà di Dio per i privilegiati suoi amici, a cui concede, associati a ineffabili patimenti come nel caso delle stimate, insigni favori che sono quasi presagio e preludio della gloria che largirà loro in paradiso; e dall'altro la gelosia e l'odio del demonio, che vuole egli pure esercitare il tirannico suo potere sugli uomini, sollecitandoli al male in modo straordinario, perseguitandoli quando resistono ed estendono il regno di Dio, e torturando coll'ossessione talune delle sue vittime.

Vi sono dunque sulla terra le due città così ben descritte da S. Agostino, e i due campi e le due bandiere di cui parla S. Ignazio. I veri cristiani non possono restar dubbiosi: quanto più si danno a Dio, tanto più sfuggono alla tirannia del demonio; se Dio permette che siano tentati, lo fa per loro bene, e anche fra le angoscie possono con ogni fiducia ripetere: "Si Deus pro nobis, quis contra nos? 1549-1 ... Quis ut Deus?"


1490-1 S. Teresa, Vita, c. XXV-XXX; Castello, Mansione sesta, et alibi passim; S. Giovanni della Croce, Salita, l. II, c. XXI-XXX, et alibi passim; Alvarez de Paz, op. cit., t. III, l. V, p. IV, De discretione spirituum; M. Godinez, Praxis theol. myst., l. X; Benedetto XIV, De beatificat, l. IV, p. I; Ribet, La mystique divine, t. II; A. Poulain, Delle Grazie d'Orazione, c. XX-XXIII, (Marietti, Torino); A. Saudreau, L'Etat mystique, ed. 1921, c. XVII-XXI; P. Garrigou-Lagrange, Perfect. et contemplation, t. II, p. 536-562; Mgr A. Farges, Phénom. mystiques, P. IIª.

1490-2 De serv. Dei beat., l. II, c. 32, n. 11: "Siquidem hisce revelationibus taliter approbatis, licet non debeatur nec possit adhiberi assensus fidei catholicæ, debetur tamen assensus fidei humanæ, juxta prudentiæ regulas, juxta quas nempe tales revelatione sunt probabiles pieque credibiles"

1490-3 Decreto di Urbano VIII, 13 marzo 1625; di Clemente IX, 23 maggio 1668.

1491-1 Sum. theol., III, q. 76, a. 8. -- Il che risulta pure dalla testimonianza di S. Teresa, Relat. XIII, t. II, dell'edizione critica spagnuola: "Capìi, da certe cose che mi disse, che, dopo essere salito al cielo, non ne discese mai sulla terra per comunicarsi agli uomini, tranne nel SS. Sacramento.

1492-1 Vita, c. XXVIII.

1492-2 Vita, c. XXIX.

1493-1 Vita, c. XXVII, n. 2 e segg.; (edizione italiana, p. 88-89).

1493-2 Castello, Mansione sesta, c. X, n. 2; (versione italiana, p. 308).

1494-1 S. Giovanni della Croce tratta a lungo di tre sorte di locuzioni o parole soprannaturali: successive, formali, sostanziali. "Chiamo successive certe parole e ragioni che lo spirito, quando sta raccolto in sè, suole seco andar formando e ragionando... Quantunque sia il medesimo spirito che ciò fa come strumento, lo Spirito Santo lo aiuta bene spesso a formar quei concetti, parole e ragioni vere... Parole formali sono certe parole distinte e formali che lo spirito riceve non da sè, ma da una terza persona, talora stando raccolto e talora no. Parole sostanziali sono altre parole che si fanno pure formalmente nello spirito, talora raccolto e talora no. Le quali fanno e causano nella sostanza dell'anima quella sostanza e virtù che significano". Salita del Monte Carmelo, c. XXVI, n. 2 e c. XXVII, n. 1. Il che spiega poi più ampiamente nei capi XXVII-XXIX (alias XXVIII-XXXI).

1495-1 S. Tom., Iª IIæ, q. 113, a. 8; De veritate, q. 28, a. 3; cfr. Garrigou-Lagrange, op. cit., t. II, p. 560.

1496-1 La Salita al Carmelo, l. II, c. XVI, n. 2, 3, 5. (alias XVIII).

1500-1 Tale fu soprattutto Maddalena della Croce, francescana di Cordova, del secolo XVI°, che, dopo essersi data al demonio fin dall'infanzia, a diciassette anni entrò in convento e vi fu tre volte badessa. Aiutata dal demonio, simulò tutti i fenomeni mistici, estasi, levitazione, stimate, rivelazioni, profezie più volte avverate. Credendosi in punto di morte, confessò la cosa, ma poi la ritrattò, fu esorcizzata e rinchiusa in un altro convento dell'ordine. Cfr. Poulain, Delle Grazie d'orazione, c. XXI, n. 36 (Marietti, Torino).

1500-2 S. Teresa ne parla più volte: "Accade a certe persone (e so che è vero, avendomelo esse comunicato, e non tre o quattro ma molte) di aver la fantasia così debole o l'intelletto così efficace o non so che altro, che si fissano talmente nell'immaginazione da credere di veder veramente tutto ciò che pensano". Castello, Mansione sesta, c. IX, n. 9 (versione italiana, p. 305).

1501-1 Galat., I, 8.

1502-1 Così, verso la metà del secolo XIX, una visionaria, chiamata Canzianilla, carpì la fiducia d'un pio vescovo che pubblicò una pretesa rivelazione contenente una pittura orribile dei costumi dei sacerdoti della sua diocesi; onde fu presto obbligato a dimettersi (Poulain, op. cit., c. XXII). E questa forse fu la ragione per cui venne proibita la pubblicazione del Segreto di Melania.

1502-2 Sulla tomba del diacono giansenista Paris, morto nel 1727 e sepolto nel cimitero di S. Medardo a Parigi, avvenivano dei pretesi miracoli, consistenti in convulsioni accompagnate da gesti poco modesti, con cui si pretendeva di accreditare il Giansenismo (N. d. T.)

1502-3 Così si legge nella vita di S. Caterina da Bologna che il demonio le appariva talora in forma di Cristo crocifisso, ordinandole sotto pretesto di perfezione cose impossibili, nell'intento di gettarla nella disperazione. (Vita altera, c. II, 10-13, nei Bollandisti, 9 marzo).

1504-1 Castello, Mansione sesta, c. VIII, n. 4, 3; (versione italiana, p.302-303).

1506-1 Mistica città di Dio, p. II, n. 128; p. I, n. 122.

1506-2 Bollandisti, 25 maggio, p. 247.

1506-3 Benedetto XIV (De beat., l. III, c. LIII, n. 16) discute un'estasi di S. Caterina da Siena, in cui la SS. Vergine le avrebbe detto di non essere immacolata.

1506-4 Bollandisti, 13 gennaio, prefazione alla vita della B. Veronica di Binasco; S. A. de' Liguori, Orologio della Passione.

1507-1 S. Bernardo, Lettere, LVI.

1507-2 Il P. Fages, O. P., nell'Histoire de S. V. Ferrier, spiega che si trattava di profezia condizionata, come quella di Giona su Ninive e che il mondo fu appunto salvato per le numerose conversioni operate dal Santo.

1508-1 Rivelazioni supplementari, c. XLIX.

1508-2 Nei libri di Maria Lataste si rinvennero, tra le rivelazioni, passi presi alla lettera dalla Somma di S. Tommaso.

1511-1 Castello, Mansione sesta, c. III, n. 3 (versione italiana, p. 286).

1511-2 Salita del Monte Carmelo, l. II, c. X, n. 10 (alias c. XI); tutto il capitolo è da leggersi attentamente.

1512-1 Salita del Monte Carmelo, l. II, c. XX, n. 18 (alias c. XXII).

1513-1 Storia di S. Teresa, scritta da una Carmelitana di Caen (Libreria Lega Eucaristica, Milano).

1514-1 F. Prat, La Teologia di S. Paolo, T. I, pp. 120-123; 405-498 (Salesiana, Torino); P. Garrigou-Lagrange, op. cit., t. II, p. 536-538.

1515-1 Bella ed utile lettura è quella dell'articolo della Somma in cui S. Tommaso compendia queste varie grazie (Iª IIæ, q. III, art. 4), mostrando quanto siano utili al predicatore della fede: 1) per dargli una piena conoscenza delle cose divine; 2) per confermare con miracoli ciò che dice; 3) per predicare la parola di Dio con maggiore efficacia.

1517-1 Questo termine, ormai tecnico, non è poi così barbaro come a prima vista potrebbe parere, avendo per radicale il latino levitas, leggerezza, privazione di peso, agilità. (N. d. T.)

1517-2 È il miracolo di certe martiri che, condannate al lupanare, non poterono per nessuna forza umana essere smosse dal luogo in cui stavano (N. d. T.).

1518-1 De beatificat., l. III, c. XLIX.

1519-1 Ribet, La mystique, P. IIª, c. XXIX; Mgr Farges, op. cit., P. IIª, c. III, a. 3.

1519-2 De beatificat., l. IV, P. Iª, c. XXVI, n. 8-30.

1520-1 Questo miracolo fu accuratamente esaminato nel processo di canonizzazione, e gli esaminatori conchiusero che non v'era spiegazione naturale. (Bollandisti, 15 ottobre, t. LV, p. 368, n. 1132).

1520-2 De beatificat., l. IV, P. I, c. XXXI, n. 19-28.

1521-1 La stigmatisation, t. II, p. 183.

1521-2 Benedetto XIV, op. cit., l. IV, P. I, c. XXVII.

1525-1 Questa differenza è messa in luce anche da increduli come il Signor De Montmorand, Psychologie des Mystiques, 1920, benchè poi attribuisca questi fenomeni all'allucinazione. -- Per la confutazione di tali teorie, cfr. A. Huc, Névrose et mysticisme, Rev. de Philosophie (P. Peillaube), luglio-agosto 1912, pp. 5, 128; Mgr. A. Farges, op. cit., p. 522-585.

1526-1 Tale è il compendio dei caratteri indicati da P. Janet, L'automatisme psychologique, P. IIª, c. III-IV.

1529-1 Em. Gebhart, Rev. hebdomadaire, 16 marzo 1907.

1531-1 Del Rio, Disquisitiones magicæ, 1600; Thyræus, De locis infestis; De spirituum apparitionibus; De Dæmoniacis, 1699; Ribet, Mystique divine, t. III; A. Poulain, op. cit., c. XXIV, § 6-8; A. Saudreau, L'état mystique, c. XXII-XXIII.

1531-2 Gli scrittori francesi sogliono chiamare ossessione diabolica quella che per noi è infestazione diabolica; e possessione quella che noi diciamo ossessione. La terminologia italiana può giustificarsi coll'uso nostro e coll'autorità del linguaggio ufficiale ecclesiastico, per esempio del Rituale Romano, che, nel titolo De exorcizandis obsessis a dæmone, denomina evidentemente ossessi quelli che per i Francesi sono posseduti; e la terminologia francese può giustificarsi coll'uso loro e coll'etimologia. (N. d. T.)

1533-1 M. de Lantages, Vie de la Vén. M. Agnès, 1863, P. Iª, c. X.

1533-2 P. Poulain, op. cit., c. XXIV, n. 94.

1533-3 Bollandisti, 22 febbraio, t. VI, p. 340, n. 178.

1533-4 A. Monnin, Il Curato d'Ars, l. III, c. II, (Marietti, Torino).

1533-5 Storia di S. Teresa, t. II, c. XXVIII, (Lega Eucaristica, Milano).

1533-6 P. Poulain, l. cit.

1533-7 Inst. theol. mysticæ, § 219.

1537-1 Oltre gli autori citati, si confronti Mgr Waffelaert, al vocabolo possessione nel Dict. d'Apologétique.

1538-1 Lettera del 3 maggio 1635 al P. d'Attichy.

1540-1 De exorcizandis obsessis a dæmonio. [sic]

1540-2 Si citano infatti casi di esaltazione morbosa, che risveglia nella memoria lingue dimenticate, o almeno frammenti sentiti: così una domestica di un ministro protestante recitava passi greci ed ebraici sentiti leggere dal padrone. -- Prudente quindi è il Rituale che dice: ignotâ linguâ loqui pluribus verbis vel loquentem intelligere".

1542-1 J. M. Charcot et Richer, Les démoniaques dans l'art; Bourneville et Regnard, L'iconographie de la Salpêtrière; Richer, Etudes cliniques sur la grande hystérie.

1543-1 Essai de théol. morale, c. IV, ed. rifusa dal Dr Ferrand, 1884, p. IV, c. III, § 2.

1544-1 "Admoneatur obsessus, si mente et corpore valeat, ut pro se oret Deum ac jejunet et sacra confessione et communione sæpius ad arbitrium sacerdotis se communiat". (Rituale, De exorciz. obsessis).

1544-2 "Ut fias aqua exorcizata ad effugandam omnem potestatem inimici, et ipsum inimicum eradicare et explantare valeas cum angelis suis apostaticis"... (Rituale, Ordo ad fac. aquam benedictam).

1544-3 Prefazio della Croce.

1544-4 Marc., XVI, 17. -- S. Alfonso Rodriguez aveva costume di far un gran segno di croce nel momento dell'infestazione e di comandare al tentatore di prostrarsi e adorare Gesù, in virtù del testo di S. Paolo: "Nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio in cielo, in terra e nell'inferno". (Phil., II, 10); il che, dice il Santo, lo metteva in fuga.

1545-1 Lehmkuhl, Theol. moralis, t. II, n. 574, ed. 1910.

1546-1 Marc., IX, 28.

1548-1 "Circumstantes, qui pauci esse debent, admoneat ne... ipsi interrogent obsessum, sed potius humiliter et enixe Deum pro eo precentur (Rituale, l. c.). -- Forse per aver trasgredito una tal regola, si dovettero gli esorcismi di Loudun così lungamente ripetere, accompagnati da incresciosi episodi.

1549-1 Rom., VIII, 31.


Quest'edizione digitale preparata da Martin Guy <martinwguy@gmail.com>.
Ultima revisione: 1 febbraio 2006.